Parla la saluzzese che vive a vo’ «Io, isolata in casa nel paese del contagio»

Parla la saluzzese che vive a vo’ «Io, isolata in casa nel paese del contagio»
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Nel comune veneto di Vo’ Euganeo, dove si è alla ricerca frenetica del “paziente zero”, c’è una saluzzese che vive e lavora, e che da venerdì scorso è in isolamento, come i 3300 cittadini del comune sul pendio dei colli Euganei padovani, famoso, fino a l’altro giorno, solo per i vini. Annalisa Re ha vissuto a lungo a Saluzzo, dove ha gestito una profumeria in centro. Da qualche anno lavora nel Padovano e ha preso casa nel centro storico di Vo’ Euganeo. Abita a due passi dal bar dove è stato contagiato l’uomo poi deceduto a causa del virus. «Venerdì sera - racconta la donna, raggiunta telefonicamente - rientrando a casa dal lavoro ho trovato carabinieri e polizia in paese. Subito non ho capito, non sapevo. Poi tutto è stato chiaro. Mio figlio mi aveva inviato alcuni messaggi sul cellulare, ma credevo si trattasse di uno scherzo. Invece era tutto vero».

Annalisa Re vive da sola, in compagnia di un piccolo cane: «Sabato e domenica ero preoccupata, ma non spaventata. Ascoltando il consiglio delle autorità locali ho cercato nei due supermercati del paese alcuni prodotti per disinfettare balconi e davanzali, ma non li ho trovati: gli scaffali erano vuoti. Ho preso qualche scorta alimentare, e la candeggina l’ho recuperata da un vicino. Tutto sembrava trascorrere tranquillamente, con qualche momento di apprensione, ma nulla di più».

Da lunedì le cose sono cambiate: «Ci hanno detto di andare in palestra per il tampone. C’era una grande calca. Da quel momento ho iniziato ad avere paura, a capire che c’era qualcosa che non stava funzionando. Non riuscivo a trovare una mascherina e il personale medico me ne ha consegnata una. Non possiamo allontanarci e una parente me ne ha spedito un pacco da Saluzzo, ma non so se arriverà».

«Il paese è deserto - dice -, c’è poca voglia di uscire. Io scendo in strada al mattino presto o la sera, per fare due passi con il cane, poi rientro e lavo scarpe, indumenti e le zampe del cane. Ogni tanto ricevo un messaggio da qualche amica del paese. A volte mi scrivono di guardare fuori dalla finestra. Non si vedono auto, è un paese deserto. Di tanto in tanto passa un’ambulanza, scendono infermieri e medici in tute che si vedono solo nei film. È surreale e spero che finisca tutto al più presto».

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