Propongo due o tre nomi per la nuova biblioteca

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Dico la mia sulla scelta del nuovo nome della biblioteca, o meglio del nome della nuova biblioteca di Saluzzo, un po’ per l’esperienza amministrativa che ho maturato nei decenni, un po’ per l’affetto che nutro verso la città in cui ho trascorso alcuni dei giorni più belli della mia vita, quelli del liceo, infine perché si tratta di una struttura culturale di cui mia moglie ed io ci serviamo frequentemente.

Il referendum fra i cittadini (meglio se lettori, da questo punto di vista i fruitori non sono solo saluzzesi) è importante per il dibattito e gli stimoli, ma non può essere esaustivo ai fini della decisione. Questa spetta all’amministrazione comunale: è una scelta politica e culturale, meglio, di politica culturale. Evoca questioni di identità e di storia.

Quella che si intitola non è più una caserma, bensì una biblioteca. I nomi di militari proposti da certuni non sono pertinenti. I muri dell’edificio hanno già un nome, Mario Musso, un capitano degli alpini caduto nella Grande guerra. Con questo nome la caserma è nota agli storici, anche per molti tragici eventi del secondo conflitto mondiale.

L’idea di ricordare Alex Langer che vi prestò servizio di leva, contestando l’istituzione in nome dell’obiezione di coscienza e pagando anche dei prezzi a quella lotta, renderebbe omaggio a una bella figura di pacifista e ambientalista, ma insisterebbe ancora sulla funzione di quartiere militare, anziché su quella di libreria pubblica. E poi per ricordare l’impegno di Saluzzo a favore del disarmo c’è già il vecchio nome di Sacharov, che fu sì uno dei padri dell’atomica sovietica, ma poi ne scoprì tutti i rischi e divenne nel suo paese un paladino, oltreché dei diritti civili, della denuclearizzazione, anticipando la svolta di Gorbaciov.

La biblioteca va intitolata a personalità della cultura, scrittori o scrittrici in primis, a dei modelli di lettura, fonti e stimolo a prendere la penna, anzi la tastiera in mano per scrivere.

A questo punto, proporrei i nomi di Lalla Romano o Gina Lagorio, narratrici vicine alla nostra sensibilità. Lascerei da parte Diodata Saluzzo Roero, che, come tutti i maggiori scrittori nati nel marchesato, appartiene all’800 ed è improponibile ai giovani. Lagorio (di Cherasco) e Romano (di Demonte) rappresentano, anche se nate a qualche chilometro di distanza da noi, la provincia senza essere provinciali.

Saluzzo si sta calando nell’impegnativo ruolo di candidata a capitale della cultura italiana. Per reggere un simile sforzo e ancor più gestire l’evento, se la domanda avrà successo, avrà bisogno dell’aiuto del territorio circostante, delle altre sei “sorelle” della Granda, e non solo.

Lancerei così l’esortazione a giocare una seconda carta: valorizzare la sezione ragazzi, che ha una sua specificità, dedicandola nel centenario della nascita al grande Gianni Rodàri.

Avremmo così un dittico di scrittori piemontesi, una donna e un uomo, legati alle peculiarità della nostra terra, compresi i valori della Resistenza, e al contempo nazionali, se non internazionali.

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