Quando S. Cristina era un crocevia di scambi

Quando S. Cristina era un crocevia di scambi
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“Un passato glorioso, un futuro da sognare” è il titolo dell’interessante video-racconto dedicato alla storia di Santa Cristina realizzato dalle parrocchie di Verzuolo e Costigliole in collaborazione con Riccardo Baldi.

Diffuso nei giorni scorsi sui canali social della parrocchia di Verzuolo, permette di conoscere le appassionanti vicende che riguardano la chiesetta sulla collina verzuolese. Ne emergono aneddoti inediti, curiosità e analisi storico-economiche puntuali, in una narrazione chiara e gradevole, accompagnate da prezioso materiale fotografico: assolutamente consigliato. Basta cercare su youtube “Verzuolo convento Santa Cristina”.

UN MOTIVO IN PIU’ PER SALVARE

SANTA CRISTINA
Un lavoro che, basta leggere i sottotitoli, oltre a suscitare la curiosità di verzuolesi saluzzesi e mantesi (per molti dei quali Santa Cristina è un luogo di ricordi indelebili) intende riaccendere i riflettori sul valore storico del vecchio santuario, in vista di un restauro che possa anzitutto arrestare i pericolosi crolli, per poi stimolare un rilancio dell’area anche in senso turistico e commerciale.

Un sogno che ha animato in questi anni i “Ciat ca rampignu”, associazione nata 6 anni fa con l’obiettivo di raccogliere fondi per sistemare l’area. Sforzo meritorio, che però ora richiede uno sforzo ulteriore: Comune e Parrocchia, titolare del bene, lo scorso anno hanno deciso di intraprendere un percorso, non semplice, di ricerca di fondi, per riportare Santa Cristina ai suoi fasti. Prima, però, serve un ulteriore passaggio: una progettazione professionale.

Tutti concordano sul fatto che al valore storico e agli aspetti devozionali si debba sommare una visione di prospettiva del bene, che sappia strizzare l’occhio al turismo naturalistico. E per certi aspetti si tratterebbe solo di un ritorno al passato.

LUOGO DI FEDE E COMMERCI

Sì, perché la zona è stata anzitutto un crocevia di scambi, capace di intercettare fino a pochi decenni fa anche un’economia trasversale alla sua precipua vocazione. Ne sono una prova le donazioni del 1853, che permisero di realizzare, il campanile, che costò 4200 lire (l’85 per cento spesato dai fedeli: come se oggi in un anno si raccogliessero 300 mila euro).

Ma è tornando indietro di 650 anni che si scopre la doppia natura, religiosa e commerciale, che ha sempre contraddistinto questo luogo.

Il ricercatore Baldi, voce narrante del girato di 12 minuti, ritiene che qui nacque il primo insediamento perché a metà strada dell'antica via medievale (detta "antica strada delle vigne") che passando sulle colline, collegava Saluzzo con Venasca. Ideale avamposto dei frati domenicani di Saluzzo, fu scelto come luogo di predicazione (comodo per raggiungere la bassa valle Varaita, la val Bronda e Manta) per poter arginare l’incedere della confessione valdese, in grande espansione già ad inizio 1300, nelle valli del Monviso. Ma esisteva anche una motivazione commerciale: in quest’area i viandanti, trovando acqua e ristoro, facevano affari. E fu questo dinamico viavai a tenere vivo il convento, permettendo di far crescere le attività, erigendo via via nuovi edifici.

FONDAZIONE DA RETRODATARE

Le prime notizie del convento risalgono al 2 febbraio 1367 e sono contenute nel testamento di Galeazzo di Saluzzo, fratello del Marchese Federico II. Egli dispose il luogo della sua sepoltura e lasciti a personaggi di Manta e Venasca, oltre a 31 fiorini d’oro per il monastero di Rifreddo e 40 giornate di terreno alla chiesa di Santa Cristina Verzuolo.

«Un documento di pregnante valenza storiografica - spiega Baldi - perché sposta indietro di oltre un secolo l’inizio di questa appassionante vicenda, per anni fatta erroneamente iniziare all’epoca di Aimone Tapparelli (nel 1450 circa).

IL SEGNO DEI FRATI

La presenza dei frati domenicani, oltre alle rovine del convento, è confermata da quattro importanti testimonianze: la campanella all’ingresso della sacrestia, il dipinto sopra l’altare del 1737, una lettera del 1747 spedita alla provincia della Lombardia (a seguito di un’ispezione del priore del convento di Racconigi) e la splendida statua in marmo di Santa Cristina che dal 1978 si trova nella chiesa dei santi Filippo e Giacomo di Verzuolo. «Particolare che pochi conoscono - racconta il ricercatore -, la statua fu danneggiata da colpi di fucile alla fine degli Anni ’20: perse le braccia e la testa. Quando fu portata in parrocchia venne confusa con un’icona della Madonna. Sul registro dei conti del Santuario, nell'anno 1858, la statua era identificata come S. Cristina non come la Madonna. Scoperta avvenuta nel 2017 e pubblicata sul libro curato da Riccardo Baldi "S. Cristina di Verzuolo". La statua in gesso che resta in collina è invece una donazione della famiglia Villa risalente al 1948». Tante altre curiosità vengono raccontante nel video: la stanza dell’eremita di Manta, la capienza della chiesa prima che venissero introdotti i banchi, gli ex voto. Buona visione!

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