Quelli che non vogliono uscire

Quelli che non vogliono uscire
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Qualche tempo fa ho scritto che la sera, in giro per Saluzzo, si vedono solo giovani e giovanissimi.

Quelli come me, “nel mezzo del cammin di nostra vita” (si fa per dire, perché in realtà, io, persone che arrivino ai cent’anni, ne ho viste ben poche) stentano invece ad uscire o perlomeno diciamo che non bazzicano tanto in centro al calar delle tenebre.

Una concittadina, incontrata sotto i portici, mi fa subito le pulci, facendomi notare che in realtà, non tutti i teenagers escono. Ad esempio suo figlio sedicenne, vive ormai da “murato” in casa.

Ma a quanto pare non è per la nostra tipica paura del contagio, visto che i nostri adolescenti credono che il Covid sia una malattia da vecchi, per anziani, che colpisce solo chi ha da una certa età in su. E questo è quello che mi dicono i miei studenti a scuola!

Stando invece a quello che mi racconta la signora, alcuni giovani non escono semplicemente per pigrizia. Se vuoi uscire devi lavarti i capelli, vestirti, decidere cosa indossare… come dicono loro: un vero sbatti!

E così è forse più comodo starsene a casa sciallati sul divano o addirittura a cuccia nel letto della loro cameretta davanti alla Play Station, smanettando tra Call of duty, Gta5 e Fortnite.

Una stanza di pochi metri quadrati che per molti ora è diventata il loro mondo.

Altri invece sono così depressi che non vogliono uscire perché non sono più abituati ad incontrare le persone. Non riescono a relazionarsi con i loro coetanei se non tramite lo schermo di uno smartphone. Dopo un anno chiusi in casa, ora sono impauriti dal mondo esterno. Quello che c’è la fuori.

E se questi mi fanno solo inc.zz.re, tutti gli altri ragazzi invece mi fanno un po’ pena, perché in un periodo in cui un’emergenza sanitaria gli ha letteralmente scippato la giovinezza, vivono in un sistema fatto di continui divieti e mille dinieghi.

Così penso a quando io, alla loro età, scorrazzavo libero, combinandone una più che Bertoldo. E quando mi sbucciavo un ginocchio, al posto di chiedere un cerotto ai miei genitori, dovevo nascondergli di essermi fatto male, altrimenti me le prendevo ancora.

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