Questi giovani tra crush e cringe

Questi giovani tra crush e cringe
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Visto che la tanto declamata e osannata “distanza di sicurezza” sembra proprio che in città non si possa far rispettare, seduto nel dehors di un bar della pedonale, sento i discorsi dei teenagers seduti tutti “cheek to cheek”, al tavolino a fianco.

«No, non è vero! Non ho nessun “crush”!» assicura una ragazza al gruppo.

«Dai basta “lol”… che “cringe”!» continua la poveretta. Insomma, tradotto: la ragazzina non ha una cotta per nessuno e si sente imbarazzata dalle risate degli amici.

Linguaggi da teenagers!

E se io riesco a capirli è perché ho una figlia dodicenne che non fa altro che esprimersi in questo modo.

Per non parlare dei messaggi… tutto un proliferare di “lmao”, ovvero “grasse risate”, quando non si scade nel più volgare “fareshi” che per educazione eviterò di tradurvi. In un mondo che va al rovescio, oggi è lei che insegna un idioma a me. Lontani i bei tempi in cui erano invece i nostri nonni ad insegnare le lingue alle nuove generazioni.

E alludo al nostro benamato piemontese, una lingua, più che un dialetto, che oggi rischia di andare persa. Anzi, forse è già persa. O comunque sicuramente destinata all’estinzione per non uso. Così, più sento i giovani avventori del tavolo a fianco confabulare in quel modo osceno, e più rimpiango i tempi in cui al bar sentivo tutt’intorno parlare in piemontese, magari davanti ad un buon Bicerin o al massimo un Pastis. E se non li conoscevo di persona, dall’uso del “beica” piuttosto che “varda”, capivo pure da quale parte della regione venivano.

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