Saluzzo, torna il nodo degli stagionali Coldiretti: non sparate sui produttori
Torna prepotente alla ribalta il problema dei lavoratori stagionali africani.
L’apertura di collegamento tra regioni in vigore da mercoledì, se da un lato consente il flusso di lavoratori stagionali con maggior facilità, dall’altra crea problemi. Si teme un afflusso indiscriminato che potrebbe portare in città (in parte si sta già verificando) un numero elevato di africani, in cerca non solo di lavoro, ma anche di sistemazione abitativa. Proprio quest’aspetto risulta quest’anno difficile da gestire, dopo la decisione di non effettuare l’apertura del Pas, a causa dell’emergenza sanitaria.
La Regione ha messo in campo un commissario straordinario per l’emergenza sanitaria e il questore è pronto a schierare l’esercito, a fianco delle forze di polizia, per presidiare l’area del Foro boario di Saluzzo, tradizionale luogo di accampamento degli aspiranti braccianti. Passi in avanti nella gestione di quest’annata anomala di raccolta della frutta, ma al quadro generale mancano ancora alcuni tasselli.
Il tavolo dell’emergenza frutticola promosso da Comuni, Op e sindacati ha avuto il merito di accendere i riflettori sul problema della gestione degli stagionali, mentre Caritas e Saluzzo Migrante continuano a fare da pungolo per evidenziare la delicata questione dell’accoglienza, soprattutto quest’anno che il dormitorio alla Filippi non aprirà. Mentre in città aumenta il flusso di africani in cerca di sistemazione e lavoro, a intervenire ancora sulla delicata questione è il sindaco di Saluzzo Mauro Calderoni: «Serve ancora una figura di raccordo tra gli aspetti sanitari, di sicurezza e logistico-organizzativi per affrontare efficacemente il tema delle persone senza fissa dimora, che nel saluzzese interseca quello dei lavoratori stagionali agricoli. Lo impone la natura sovracomunale della questione: un mercato del lavoro liberalizzato mostra la corda, l’attuale sistema di reperimento della manodopera stagionale, ulteriormente minato dall’emergenza dei senzatetto con una pandemia in atto, ha costi sociali altissimi ed espone le comunità locali a pesi e rischi non più sostenibili. C’è una distorsione ormai insopportabile nella normativa di settore: se uno straniero viene a lavorare in Italia attraverso i flussi previsti dalla legge Bossi-Fini ha ospitalità. Se un bracciante straniero si sposta dalla Puglia al Piemonte non ha diritto a un alloggio».
Coldiretti si schiera dalla parte delle aziende e precisa: «Saluzzo non è il Far West e nessuno può sparare sui produttori. Lo schieramento senza precedenti rischia di trasformarsi in uno “stato d’assedio” che potrebbe danneggiare l’immagine di una terra di imprenditori onesti».
I controlli sui migranti sulle strade saluzzesi hanno preso il via in un momento di particolare difficoltà per le aziende agricole, che stanno cercando la manodopera necessaria e procedendo alla stipula dei contratti.
«Siamo favorevoli - sottolinea Roberto Moncalvo, presidente regionale Coldiretti - a controlli di natura sanitaria e sociale e ribadiamo la necessità di limitare l’arrivo di migranti che non abbiano già una concreta opportunità di lavoro: in quel caso sarebbe concreto il rischio di assembramenti nella ricerca di sistemazioni di fortuna. Siamo, inoltre, favorevoli ai controlli volti a contrastare il lavoro in nero, contro cui anche Coldiretti lavora in sinergia con l’Osservatorio Agromafie. Tuttavia, è essenziale tenere a mente che quello saluzzese è un tessuto imprenditoriale sano, che resiste alle già gravi problematiche del comparto frutticolo».
«L’unica forma di caporalato che non conosce crisi - attacca Coldiretti - è quella che colpisce direttamente i frutticoltori, vale a dire lo sfruttamento da parte di chi riconosce loro dei prezzi insufficienti persino a coprire i costi di produzione, con liquidazioni ritardate a 300 giorni dalla raccolta. Per questo, crediamo sia importante non strumentalizzare il ruolo delle aziende frutticole che, anche in un frangente tanto delicato come questo provvedono alla sistemazione in azienda del 70 per cento dei braccianti extracomunitari, con risorse proprie».