Saranno i ragazzi a salvare il pallone? Viaggio nella realtà del calcio giovanile scuola di sport ma anche di vita, i vivai rappresentano una risorsa fondamentale per le società dilettantistiche
Da alcuni anni si dice che il pallone in Italia dovrebbe ripartire dai giovani, per risollevare l’intero movimento calcistico nostrano. Ma cosa è stato fatto in merito? Quali sono i miglioramenti che vengono attuati sul territorio nazionale?
Partiamo dal fatto che il settore giovanile è una scuola di calcio e di vita: al suo interno i ragazzi possono crescere, maturare e coltivare sogni. E’ inoltre importante che i ragazzi vadano bene a scuola dimostrando impegno e voglia di sacrificarsi, rispettino le regole della civile convivenza nei confronti di compagni e avversari, direttori di gara, staff tecnico, dirigenti e tifosi.
La Ficg e i Centri tecnici
La Figc (Federazione Italiana Giuoco Calcio) ha istituito nel 2015 i Centri tecnici federali dislocati su tutto il territorio nazionale - in Piemonte per esempio ce ne sono quattro: a Gassino Torinese, Carmagnola, Oleggio (Novara) e ad Alba - con l’intento di rilanciare il calcio migliorando la crescita dei giovani calciatori dei vivai permettendo così ai talenti migliori di non finire dispersi.
All’interno di questi centri svolgono la loro attività tecnici preparati e qualificati che adempiono a numerose funzioni: sono istruttori, psicologi, aggregatori di culture diverse e gestori del gruppo.
Le società dilettantistiche
Ogni squadra dilettantistica o professionistica che vuole avere un settore giovanile deve stilare un programma di sviluppo volto alla crescita dei giovani calciatori privilegiando il lavoro sul lungo termine. Infatti, da piccoli non è importante vincere le partite o partecipare a tornei importanti, ma è fondamentale curare la crescita.
E’ molto meglio formare un calciatore che da adulto sappia raffrontarsi nel calcio dei grandi avendo imparato quelle nozioni tecnico-tattiche utili a permettergli di sviluppare la sua carriera calcistica sia essa nel calcio dilettantistico sia in quello professionistico.
Ricordiamoci che l’impegno costante sul campo alla lunga paga, i risultati arrivano dopo anni di duro lavoro e di massimo impegno con molti sacrifici e rinunce e dopo aver affrontato e superato tanti ostacoli.
Gli osservatori sportivi
Decisivo è il ruolo degli osservatori che svolgono un compito assai difficile, fondamentale per scoprire non solo le caratteristiche tecniche del calciatore, ma anche quelle comportamentali senza tralasciare gli aspetti del carattere. Una volta individuati gli atleti di maggior livello questi vengono selezionati ed inseriti nel percorso di crescita dei centri tecnici descritto in precedenza.
Dalla scuola al campo
Man mano che si sale di categoria (passando dal calcio scolastico a quello agonistico) aumenta di conseguenza la necessità di iniziare a conseguire i risultati sportivi anche se resta sempre da privilegiare la valorizzazione delle qualità tecniche individuali e di squadra nel complesso.
Nell’età dello sviluppo poi, dai 13 ai 17 anni, il fisico del calciatore si allunga, con la tecnica e la coordinazione che si modificano di pari passo, oltre alla basilare componente psicologica che è sempre bene non trascurare.
La regola dei “fuoriquota”
Attualmente nelle categorie dilettantistiche è imposto - da regolamento- un utilizzo minimo di giovani calciatori che devono essere presenti in campo per tutta la durata della partita.
Per fare un esempio il Saluzzo in Eccellenza in questa stagione ha l’obbligo di schierare dal primo minuto di gioco - e per tutta la durata della gara - almeno un giocatore nato nell’anno 2000 ed uno nato nel 2001 (o annate successive). Come porsi dunque nei confronti del rispetto delle gerarchie dello spogliatoio essendo obbligati a lasciar spazio ai giovani?
E’ necessario trovare un giusto equilibrio tra giocatori esperti e i giovani, i cosiddetti “fuoriquota”, senza che questo utilizzo venga imposto dai regolamenti che “premiano” il loro impiego. Infatti si può notare come molti giovani calciatori, quando non rientrano più nelle annate da fuoriquota, finiscono col far panchina oppure devono scendere di categoria per trovar spazio e vedere il campo. Per giocare non servono assiomi particolari, se uno è bravo e merita il posto da titolare può giocare sia a 15 anni che a quaranta.
Riflessioni
Oggigiorno le prime squadre si reggono in piedi ancora grazie ai calciatori nati negli anni ’80 e ’90 con l’inserimento di alcuni giovani dei primi anni 2000 come da imposizione della Figc. Che succederà fra qualche stagione quando i “vecchi” smetteranno? Ci sarà il ricambio generazionale?
Oppure il calcio - non solo quello piemontese - è destinato a ridursi drasticamente nei numeri dei tesserati progressivamente anno dopo anno?
Sono riflessioni utili per capire se la direzione intrapresa sia la strada giusta per promuovere l’intera attività calcistica italiana. In un mondo che cambia continuamente e dove la tecnologia cattura le giovani leve, non si ha più l’abitudine a frequentare il campetto di quartiere o l’oratorio che sono sempre state storiche fucine di giovani talenti sbocciati in strada.