Servitore dello Stato e sentinella della legalità Le lotte del generale contro mafie e brigate rosse

Servitore dello Stato e sentinella della legalità Le lotte del generale contro mafie e brigate rosse
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Ma chi era Carlo Alberto Dalla Chiesa? È stato sicuramente un uomo d’ordine e d’armi, con una vita dedicata interamente al servizio del Corpo militare italiano dei carabinieri.

Entrato nell’esercito italiano in un periodo turbolento, come quello caratterizzato dalle sanguinose guerre portate avanti dal regime di Benito Mussolini, Dalla Chiesa partecipò, come sottotenente, alla campagna nei Balcani e all’invasione del Montenegro. Venne quasi subito trasferito nell’Arma dei carabinieri, giocando un ruolo fondamentale negli anni dal ’43 al ’45, decisivi per il futuro democratico del nostro Paese e per la sua liberazione dall’occupazione nazi-fascista. La II guerra mondiale portò in dote al militare saluzzese l’ottenimento di diversi riconoscimenti per il valor militare, dimostrato nelle varie vicende belliche, nonché una laurea in Giurisprudenza, ottenuta presso l’Università di Bari.

Tra l’immediato dopoguerra e i primi anni Settanta, Dalla Chiesa fu protagonista delle prime lotte, condotte dallo stato Italiano, nelle roccaforti della camorra (Casoria, Napoli), della mafia e del neo-banditismo siciliano (Corleone, Palermo). Il generale saluzzese diventò così ben presto il simbolo della legalità, contro ogni forma di oppressione della criminalità organizzata. I suoi successi e la sua bravura, tuttavia, causarono, oltre alla volontà vendicativa della mafia, forti invidie da parte dei suoi stessi colleghi di lavoro e dei vertici più alti dello Stato.

Dopo essere riuscito a sconfiggere, con non poche difficoltà, le Brigate Rosse e i suoi principali esponenti nel nord del Paese, nel 1978 iniziò a svolgere indagini anche in merito al caso “Moro”, venendo però subito rimosso da questo compito.

Nominato nel 1981 vicecomandante generale dell’Arma (non venne giudicato all’altezza del ruolo di comandante generale), fu chiamato ancora una volta, nel 1982, ad arginare la crescita della mafia a Palermo. Qui trovò tragicamente la morte, con la sua moglie e la sua scorta. Un delitto le cui circostanze non sono state ancora del tutto chiarite. Le gelosie e le invidie fecero mancare a un uomo, che aveva prestato i più alti servigi alla nazione, la protezione dello Stato, nel momento della sua morte e, successivamente, nella ricerca della verità relativa all’assassinio.

Si è voluto qui trarre una sua citazione, dal libro “Delitto Imperfetto”, scritto dal figlio Nando Dalla Chiesa, che riassume in modo perfetto la sua esistenza: «Se è vero che esiste un potere, questo potere è solo quello dello Stato, delle sue istituzioni e delle sue leggi; non possiamo delegare oltre questo potere, né ai prevaricatori, né ai prepotenti, né ai disonesti».

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