Tetti Frati, il mistero dei monaci che si insediarono a Serravalle jpfasufoas jdieci venti ffggffgfgffgpasufpoasdufpoasd
Nella giornata di San Giovanni, lo scorso 24 giugno, nonostante il noioso virus eravamo in discreto numero alla festicciola della Natività del Battista alla sperduta cappellina a lui dedicata tra i boschi di Serravalle di Piasco.
Per osservare le norme igienico-sanitarie, quest’anno niente raduni e scorpacciate, ma una semplice messa “bassa” al suono di chitarra, guidata da don Paolo. Un parlar dimesso, qualche cordialità, ma in compenso una serata dolce, immersi nel verde prealpino, compresi del mistero del luogo, denominato da sempre Tetti Frati. Per il sottoscritto, anche la scoperta dell’immagine della prozia in un grande quadro: era la sorella del nonno, venuta quassù da Rossana come moglie del capostipite Spirito Garnero, patriarca di una grande famiglia poi dispersa nei paesi sottostanti.
La frazioncina, ora signorilmente trasformata dalle seconde case, era un tempo località dei monaci, saliti sulla montagna oggi detta di San Bernardo il Vecchio in cerca di pace. Qui rimasero forse per secoli, ma in modo tale da non lasciare di se stessi nemmeno l’ombra, se non la cappellina, qualche cella e vasti ripiani, segni importanti di un lavoro agreste non indifferente.
Nessun studioso, finora, sembra aver trovato documenti scritti, oltre a questi segni concreti. Nessuno sembra saper di loro qualcosa di certo: il nome, l’ordine religioso di appartenenza e la provenienza. Tuttavia, in attesa di qualche nuova traccia che ci metta sui passi di questi misteriosi eremiti, ecco quanto abbiamo provato a ipotizzare.
Il punto di partenza risale al 1075, quando il vescovo di Torino, fondando il grande monastero benedettino di Cavour (legato alla Sacra di San Michele), faceva dono ai monaci di parte delle nostre terre, con «l’ecclesia Sancti Ursi et illum montem qui est inter duos rivos» (con la chiesa di Sant’Orso e il monte compreso tra i due rivi). E nulla vieta che alcuni di loro fossero in seguito saliti a cercare, in più alte cime, una maggior solitudine, proprio a nord di Serravalle. Confermerebbe tale ipotesi il fatto che quassù è rimasta la devozione a San Giovanni Battista, protettore della diocesi torinese e della parrochia piaschese. A San Giovanni erano pure dedicati gli ordini Ospitalieri, protagonisti delle missioni in Terra Santa, con i Templari, di cui non si esclude potessero essere presenti a Tetti Frati, dato il loro insediamento nella vicina Valmala.
C’è poi chi afferma che i monaci di Tetti Frati venissero dal monastero benedettino di San Pietro di Savigliano: in ogni caso, le attenzioni si concentrano sui benedettini.
A Tetti Frati manca solo la scritta del protettore d’Europa, “Ora et Labora”, oggi festeggiato l’11 luglio mentre in passato la ricorrenza era celebrata il 21 marzo, primo giorno di primavera: «A San Benedetto la rondine sotto il tetto».