Turismo in montagna, si spera nell’estate Ma alberghi e rifugi dovranno “reinventarsi” Tranchero del Quintino sella: aspettiamo le nuove norme. Dal melezè: siamo pronti, ci dicano che fare
È opinione diffusa che l’estate 2020 sarà caratterizzata da un turismo cosiddetto “di prossimità”, vale a dire gite toccata e fuga, o comunque soggiorni brevi e vicino al luogo di residenza, data l’emergenza sanitaria e l’incertezza economica.
Le valli del Saluzzese, da questo punto di vista, offrono infinite opportunità di escursioni di cui cominciamo ad avvertire gran bisogno.
C’è chi dice che il 2020 sarà appunto l’estate della montagna e probabilmente così sarà anche se all’insegna delle parole d’ordine distanziamento e flessibilità.
Come si stanno attrezzando le strutture ricettive di montagna e i rifugi alpini, visto che anche loro dovranno fare i conti con apposite disposizioni sanitarie?
L’incertezza regna sovrana, anche perché, al momento, non sembra essere questa la priorità rispetto a tante altre situazioni. Eppure, così come la raccolta della frutta è cruciale per l’agricoltura, anche il turismo, che nelle valli saluzzesi si concentra in pochi mesi, è fondamentale per l’economia del territorio alpino.
Ma mentre le associazioni degli imprenditori balneari portano avanti progetti a base di spiagge a numero chiuso e ombrelloni protetti, il mondo della montagna e il Cai stesso non hanno ancora iniziato seriamente a parlare di come riaprire la montagna.
«Abbiamo iniziato a pensarci, ma la situazione è complessa - ha dichiarato a una rivista specializzata il presidente del Cai nazionale Vincenzo Torti -. Il Cai è costituito da 498 sezioni, e queste posseggono 794 tra rifugi e bivacchi. Non c’è ancora nulla di certo, ma è chiaro che nell’estate del 2020 molti rifugi resteranno chiusi, e tutti gli altri avranno degli incassi ridotti».
«Di norma - spiega Alessandro Tranchero, gestore del rifugio Quintino Sella - l’apertura da noi avveniva intorno alla metà di giugno, anche se la messa in funzione, come si può immaginare, era preceduta da una serie di preparativi (e non mi riferisco solo al rifornimento di derrate alimentari) indispensabili per una struttura in quota qual è un rifugio delle dimensioni del Sella. A oggi - aggiunge - non sappiamo nulla. I problemi sono tanti e riguardano svariati ambiti: dalla ristorazione al pernottamento, dal personale alle norme igienico-sanitarie che andranno necessariamente implementate. Se tutto ciò già è difficile in una normale struttura ricettiva, a maggior ragione lo è per noi che ci troviamo a 2650 metri di altitudine».
Il problema riguarda non solo gli esercenti ma anche le amministrazioni comunali chiamate ad affrontare aspetti logistici nuovi e di non facile soluzione.
Si pensi, per citare un solo esempio, alla navetta che metteva in collegamento Crissolo con Pian del Re, un servizio che andrà riadattato e ripensato, essendo impensabile mantenere sul minibus la stessa capienza degli anni scorsi.
Sul versante dell’alta valle Variata, abbiamo interpellato Jonathan Grognardi che gestisce con la sua famiglia il rifugio Melezè a Sant’Anna di Bellino, il quale non nasconde timori per una stagione che potrebbe presentarsi interessante ma che finché permane l’attuale emergenza è densa di incognite.
«Nel mese di marzo - dice - 25 gruppi che avevano prenotato per lo scialpinismo hanno dato disdetta. Per me è stato un colpo duro. La parrocchia di Roccaforte Mondovì, proprietaria dell’immobile, mi è venuta incontro non facendomi pagare l’affitto. Ora sto pensando a come attuare forme di distanza dai tavoli e per il pernottamento. Per realtà come le nostre è tutto estremamente difficile, sia per gli spazi ridotti, sia perché - osserva - da noi le maggiori presenze si concentrano in particolare nei weekend e nei giorni festivi».