Verzuolo, quale Morelli?
A Sant’Anna di Valdieri è avvenuta in agosto la consegna di un riconoscimento alla professoressa Maria Grazia Colombari per lo studio su Salvatore Morelli, il “deputato delle donne” a cui Verzuolo ha dedicato il giardinetto davanti palazzo Drago. Ha partecipato alla cerimonia anche il sindaco di Verzuolo Giancarlo Panero, che ha voluto celebrare con la toponomastica del paese la figura del politico brindisino.
Ma lo storico mantese Livio Berardo, ex consigliere comunale di Verzuolo, si interroga (e indirettamente interroga il primo cittadino) su quale Morelli sia giusto ricordare a Verzuolo.
Salvatore Morelli è una nobile figura di patriota; mazziniano, cospirò contro i Borboni, fu più volte incarcerato e torturato. A Ventotene salvò tre bambini dall'annegamento e per questo ricevette la grazia, che però rifiutò passandola ad un altro detenuto, padre di numerosi figli.
Nel 1861 pubblicò la sua opera più importante: “La donna e la scienza o la soluzione del problema sociale”. Morelli fu un paladino della giustizia sociale e, aspetto ancora più coraggioso e anticonformista per quei tempi, dell’emancipazione femminile.
Deputato per il collegio di Sessa Aurunca, Morelli fu un parlamentare attivo e pugnace. Presentò decine di proposte di legge: per istituire l’indennità ai deputati, legalizzare la cremazione dei cadaveri, diffondere le Scuole normali femminili, per la parità tra i coniugi, il divorzio, la tutela dei figli illegittimi, il diritto elettorale amministrativo e politico per le donne. Di tante l’unica proposta che passò fu il diritto concesso alle donne di essere testimoni negli atti pubblici e privati.
Dunque Salvatore Morelli merita ampiamente di essere ricordato”.
L’ALTRO MORELLI
Solo che con Verzuolo, Salvatore non ci azzecca molto. Nato a Carovigno in Puglia, trascorse la sua vita fra Napoli e Roma né risulta che alcun deputato del Saluzzese sia mai intervenuto a sostegno le sue iniziative di legge.
Ci sarebbe invece un altro Morelli che i verzuolesi dovrebbero far uscire dall’oblio: il dott. Dario, laureato alla Bocconi, consigliere di amministrazione della Burgo fin dagli anni ’30, poi segretario del medesimo CdA.
Quando il 10 novembre 1943 l’ing. Luigi Burgo, padre-padrone del gruppo cartario di cui era azionista di maggioranza, presidente e direttore, dovette recarsi a Verona per discolparsi davanti ai giudici della Rsi dall’accusa di aver finanziato i tentativi per deporre Mussolini, fu Morelli a prendere in mano la situazione. Guidò le cartiere in anni difficili, proteggendo stabilimenti, manodopera e partigiani. Riuscì a giustificare davanti ai tedeschi gli scioperi del marzo ’44. Tagliato fuori Burgo, perché sottoposto a procedimento di epurazione e poi emarginato dagli altri grossi azionisti, Morelli traghettò il gruppo nel complesso periodo della ricostruzione: attinse senza pregiudizi fra gli ex deportati politici e gli uomini della Resistenza, alcuni dei quali come il mantese Augusto Civallero, il saluzzese Giuseppe Lamberto e il commissario GL Detto Dalmastro raggiungeranno posizioni di vertice. Iniziò anche una necessaria opera di ammodernamento degli stabilimenti rimasti negli anni di guerra immutati e sfruttati fino alla consunzione. Nel 1953 il suo programma che mirava ad estendere gli investimenti a tutte le cartiere, fabbriche di cellulosa e centrali elettriche del gruppo fu bocciato dalla maggioranza degli azionisti, i quali non volevano rinunciare per qualche anno ai dividendi.
Eppoi quella serie di nuove lavorazioni e macchinari assomigliava troppo al Piano per il lavoro della Federazione poligrafici e cartai della Cgil. Messo in minoranza, Morelli si dimise dalla direzione generale, dal Cda e dai ruoli che occupava nelle consociate Siesa e Poccardi. Morelli morì il 2 ottobre 1963.