Xxxxxx Gli alpini non dimenticano la Russia

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Beppe Falco, cuneese di San Rocco Castagnaretta, ha 98 anni. È uno degli ultimi reduci di Russia della Cuneense. Domenica ha voluto partecipare alla commemorazione della battaglia di Novo Postojalowka che la sezione Ana Monviso ha celebrato in corso Ancina. Orgoglioso, seduto di fronte al monumento all’alpino che non è tornato, mostrava il suo cappello alpino e la medaglia del ghiaccio, simbolo che accomuna i reduci della tragedia che nel 1943 vissero gli alpini nelle steppe del Don.

Falco ha voluto così omaggiare Natale Giletta e Domenico Dellerba i reduci della ritirata di Russia recentemente scomparsi.

Nonostante l’età il reduce ha poi percorso a piedi con il corteo, a passo scandito dalla fanfara alpina di Moretta, la distanza tra il monumento di corso Ancina e la parrocchia di Maria Ausiiatrice, dove si è tenuta la messa celebrata da don Silvio Eandi. Il presidente della Monviso, Giorgio Carena nel suo intervento ha ricordato anche l’ultimo reduce alpino di Russia della Monviso, Ferdinando Chiabrando di Martiniana.

Presenti alla cerimonia di domenica i vessilli delle sezioni di Cuneo, Mondovì, Ceva e Pinerolo, oltre al vessillo di Saluzzo. In prima fila più di 60 gagliardetti, davanti a 400 alpini, le associazioni d'arma con i loro labari e vessilli, una rappresentanza dei militari in armi del 32° reggimento genio di Fossano, un ufficiale del secondo reggimento alpini di Cuneo e un tenente colonnello del primo da montagna di Fossano. A rappresentare il comune di Saluzzo, il sindaco Calderoni e il vice sindaco Demaria che ha tenuto l'orazione ufficiale.

«Dal 1945 - ha ricordato Demaria - era calato un terribile silenzio, forse doveroso, forse necessario, serviva il tempo per arginare le ferite. Un silenzio durato decenni. Solo più tardi sono emerse le testimonianze, i numeri. Sono fresche le testimonianze del Capitano Domenico Mina: ci raccontava tutto il suo dolore, non per quello che aveva patito la sua persona, ma per i suoi soldati che erano caduti colpiti dal fuoco nemico o per il freddo e la fame. Per loro dobbiamo metterci sull’attenti, dire grazie. Ogni anno questo momento diventa più importante, vengono meno i testimoni diretti e tocca a noi raccogliere il testimone poiché pare che questa tragedia, così come l’Olocausto, vengano progressivamente messi in discussione. Questa consapevolezza - ha concluso Franco Demaria - deve essere nostra ancora di più oggi, dove si ripetono azioni di intolleranza che vanno oltre la provocazione, anche da noi».

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