Cavour La terra racconta una storia di mercanti e traffici che da mezza Europa arrivavano a Caburrum Giornate europee dell’archeologia L’abbazia S. Maria apre le sue porte
La stagione estiva dell’abbazia di Santa Maria è partita con il piede giusto. Tanti i visitatori che nel weekend visitano il complesso alle porte di Cavour, famoso per la sua cripta millenaria e per il museo che raccoglie le vestigia romane dell’antica Forum Vibii, il municipio romano che visse il suo massimo splendore in epoca augustea.
Da un paio di settimane, gli spazi espositivi dell’ex monastero ospitano la mostra fotografica “Il belViso” di Fulvio Beltrando, promossa dall’associazione culturale Anno Mille, che gestisce il complesso abbaziale.
Il progetto espositivo itinerante, a cura della Diocesi di Pinerolo, con il patrocinio del Comune e il supporto di Stark Aimar e Aip, dal sito cavourese viaggerà incontrando altri luoghi del territorio piemontese.
La mostra è visitabile tutti i sabati e le domeniche, dalle ore 15 alle 18, fino al 4 luglio.
Il museo archeologico di Caburrum, che ha sede nell’abbazia di Santa Maria, partecipa inoltre alle “Giornate europee dell’archeologia”. Venerdì 18, alle 17,30, è in programma una conferenza con la professoressa Giovannella Cresci Marrone, che presenterà il volume “Da Vibio Pansa a Proietto. Caburrum, il suo territorio, le valli tra il I secolo a.C. e il V secolo d.C”. Si tratta degli atti della giornata di studio del 23 giugno 2018.
E’ un lungo viaggio all’origine del municipio romano, che sorse nel luogo già abitato dai celti liguri. Vibio Pansa fu colui che diede origine al municipio, che prosperò a cavallo tra il primo secolo avanti Cristo e il terzo dopo Cristo. A Caburrum giungevano merci e uomini da ogni angolo d’Europa. Da Cavour partivano legionari e mercanti che viaggiavano le terre conosciute (in Germania, una tomba nella foresta di Duisburg conserva i resti di un soldato cavourese).
C’erano mercati, templi e perfino bagni termali.
In un documento del 1037 dopo Cristo il vescovo Landolfo dichiara di aver ritenuto giustissimo istituire «in villa que Caburro dicitur» un monastero, all’interno del quale siano innalzate preghiere «omni tempore die noctuque», nella forma cioè della laus perennis e al mantenimento e al decoro dei monaci il vescovo provvede attraverso la concessione generosa di beni e diritti.
Landolfo chiama a reggere la nuova comunità benedettina il monaco Giovanni, «prudentia et sanctitate celeberrimum», al quale raccomanda cura e impegno nella guida del monastero. La carta del 1037 costituisce il riconoscimento formale del cenobio di Cavour e del suo patrimonio fondiario, ma non è da escludersi che a quella data l’abbazia esistesse da qualche tempo.
Il sito prescelto si colloca in un’area di forte romanizzazione e Cavour è attestata con dignità municipale come Forum Vibii Caburrum. All’età di Landolfo però lo stato di abbandono dell’abitato doveva essere quasi definitivo e la località viene semplicemente definita come villa; soltanto la grande quantità di ruderi antichi doveva ricordare l’importanza del passato.
Nel 1905, sotto l’altare dell’abbazia, costruito con resti di capitelli romani, venne trovata una teca definita “rozza” in piombo con reliquie che su base esclusivamente ipotetica si vollero di san Proietto, diacono di sant’Evasio, martirizzato il 1° dicembre 362 o dell’omonimo vescovo dell’Alvernia martirizzato nel 670. La conferenza, sulla base degli atti del convegno, farà luce, per quanto possibile, sulla reale storia dei primi secoli dopo Cristo, per comprendere l’ascesa e il declino di Caburrum.