Insieme in spiaggia e separati in classe

Insieme in spiaggia e separati in classe
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Passando con mia figlia davanti all’area giochi di piazza Cavour le chiedo se vuole fare un giro, ma lei, dall’alto dei suoi tredici anni, mi gela con uno sguardo inequivocabile.

In realtà, stanco di fare vasche per il centro, volevo solo trovare una scusa per sedermi un attimo a riposare.

Quando Thea lo capisce, mi dice che potrò sedermi mentre lei ne approfitterà per fare un salto al negozio di telefonia lì vicino. Già, gli smartphone, in realtà l’unica cosa che sembra interessarle davvero nella sua vita di adolescente. Io, esausto, accetto il compromesso e mi spaparanzo sulla prima panchina libera e mentre guardo i bambini giocare insieme, felicemente assembrati, penso a quanto sembrino stupide le discussioni che animano i dibattiti televisivi in questi giorni. Si fa un gran parlare di come si dovrà affrontare il “problema” scuola a settembre, ma io, insegnante in erba, mi chiedo che problema ci sia e perché si debba pensare a come dividere - in classe -, bambini che hanno giocato tutta un’estate insieme ai parchi giochi, sulle spiagge al mare e nei prati di montagna.

Dopo vacanze passate in barba al coronavirus, dove sta il problema per la scuola in autunno? Cosa dovrebbe cambiare in aula? Perché, lì, dovrebbero stare distanziati almeno un metro l’uno dall’altro?

Ma quando sentiamo i virologi, assurti a nuove star, che non ci vogliono dare tregua e ci terrorizzano continuamente dicendoci che tra qualche mese ci sarà una nuova ondata pandemica, non dimentichiamoci che sono gli stessi che a gennaio non si sono accorti che il virus era già tra noi.

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