Le pagine di Giuseppe Bonavia rilanciano Cardè “paisot alegher”
In questi giorni di quarantena c’è il tempo di riordinare le librerie e dedicarsi qualche ora alla lettura.
Dagli scaffali salta così fuori un libro dal titolo curioso, “Paisot alegher”, con una storia particolare, tutta da raccontare.
L’autore del volume, edito nel 1933 dalla casa editrice Casanova di Torino, e ripubblicato in copia anastatica dalla casa editrice “L’Artistica” di Savigliano ottant’anni dopo, è Giuseppe Bonavia.
Classe 1902, cardettese, conosciuto anche a Saluzzo dove per oltre quarant’anni fu medico condotto, “Pinot”, come era chiamato da tutti, aveva la passione per la poesia e per la letteratura. Come molti istruiti dell’epoca decise quindi anche lui di dedicarsi alla scrittura, prima con la poesia e poi con la prosa.
“Paisot alegher”, che porta come sottotitolo “Storie veje e Poesia neuve”, è una raccolta in tre parti di racconti e versi, tutti in lingua piemontese
La seconda parte è il racconto di una battuta di caccia durante una giornata particolarmente piovosa che vede protagonisti lo stesso Pinot e l’amico Batista, abile cacciatore, che da il titolo anche a un’altra serie di racconti di Bonavia (“Le storie ‘d Batista). Nella terza e ultima parte del volume sono raccolte le poesie di Pinot. I temi ricorrenti sono la natura, l’amore per l’ambiente e per la caccia, oltre che per i cani.
Riletta a novant’anni di distanza però la parte più interessante è sicuramente la prima, in cui Bonavia narra la cena, consumata in una trattoria di Cardè, cui partecipano alcune tra le più importanti personalità del paese. Alla “sina d’la becassa” partecipano Batista ‘l cassadur, il podestà cavalier Borgogn, Barbisin ‘l barbè, Monsù Camolet, maestro e segretari comunal, le spessiari monsù Malvasia, ‘l sotror Tancio Oria, il parroco don Cornaja, la guardia comunale Giorsin Brochetta e Giacolin Blangett “giogador ‘d foot-ball”.
Piccole macchiette, ognuna con il proprio tratto distintivo, simili a personaggi che entrano in scena sul palco teatrale. Nelle cinquanta pagine in piemontese, scritte con fluidità, si susseguono argomenti di attualità di paese, ed è curioso notare come tanti aspetti della vita di oggi fossero già di interesse allora.
Tra i passaggi più curiosi c’è l’ammonimento del podestà: «A proposit ‘d Mulin, bisogna ‘d cò decide ‘na bona volta a formè col benedett consorsio d’la bialera del Mulin per pi nen vedde quello sconcio che al prim slavass ch’ai ven dal ciel tute le crote del pais e d’empio d’acqua; fin a preuva contraria ‘l vin mufì va gnanca bin a fè d’asil».
Insomma, già 90 anni fa Cardè aveva problemi di alluvione.