Massimo ombrello, crissolino d’adozione, pubblica le lettere del padre scritte alla famiglia dal 1938 al 1946 L’avventura africana finita in prigionia
Massimo Ombrello, assicuratore in pensione, torinese di nascita e crissolino di adozione (è consigliere comunale nel paese sotto il Monviso) ha dato alle stampe, con Fusta editore, il libro “Storia di Africa e prigionia”, in cui sono riportate alla luce le lettere ai famigliari scritte dal padre, l’avvocato Mario Ombrello, tra il 1938 e il 1946. E’ una storia di vita che ha il sapore di una “traiettoria antica. Pubblichiamo un estratto della prefazione, curata da Sergio Soave, presidente dell’Istituto storico della Resistenza e del Polo del ‘900.
Non sono, infatti, le memorie scritte da un protagonista a distanza di tempo (rispetto alle quali ci si deve avvicinare sempre con molta e giustificata cautela), ma offrono la documentazione minuta, la registrazione quasi settimanale (e per sette lunghi anni) di ciò che segna la vita di un uomo – attività, sentimenti, sensazioni, passioni –, immersa in un tempo che prima gli si mostra propizio e poi lo precipita nella più grande tragedia del Novecento.
Per uno storico, costituiscono dunque quel materiale di prim’ordine sul sentire collettivo che egli cerca, spesso invano, di alternare ai documenti ufficiali della politica per cogliere il senso più profondo delle cose.
Mario Ombrello non è, beninteso, una persona comune. Nato nel 1907, quando, nel ’22, c’è la marcia su Roma ha appena 15 anni; prosegue gli studi fino alla laurea, che ottiene nel ’29 in una facoltà impegnativa come quella di Giurisprudenza a Torino; poi si dedica alla professione, e dopo qualche anno vince un concorso della Cassa di Risparmio del capoluogo piemontese per un posto di grande responsabilità. Tuttavia, la monotonia quotidiana di un lavoro d’ufficio non fa per lui. Confronta la propria vita con quella di due amici che, nell’Etiopia conquistata nel ’36, hanno impiantato, ad Harar e dintorni, una promettente rete di scambi commerciali e insistono perché lui li raggiunga. Non è una scelta facile, ma alla fine, Ombrello lascerà la sua esistenza comoda e ben indirizzata per l’incerta ma più esaltante avventura africana. Da lì inizierà la fitta corrispondenza raccolta in questo libro.
Già a un primo sguardo le sue lettere rivelano una mano brillante, un eloquio vivace, un temperamento ottimista, uno sguardo sempre rivolto in avanti e fiducioso nel futuro, anche nelle circostanze più sfavorevoli.
Non è dunque un uomo del quale si possa dire che rispecchi la media del pensiero degli italiani, essendo prevalente su tutto un’individualità spiccata, culturalmente avvertita e direi irripetibile. Ma alcune annotazioni di particolare rilievo delle sue lettere possono rivelare aspetti molto significativi per quella ricostruzione storica sempre in fieri e sempre in perfezionamento che costituisce la passione e il rovello del ricercatore.