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Quei dubbi sulla Porta di Valle

Il sindaco di Brossasco contesta il bando

Quei dubbi sulla Porta di Valle
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La Porta di Valle di Brossasco è ancora alla ricerca di un nuovo gestore. L’agenzia “Segnavia” ha rassegnato le dimissioni, dopo 17 anni di gestione, e il primo bando per la ricerca di un nuovo “padrone di casa” è andato deserto.

Quella di Brossasco è stata la prima Porta di Valle delle Terre del Monviso ad essere aperta, nel 2006, e fin dai primi anni si è distinta per l’offerta ai turisti, fatta di buon cibo, approfondimenti letterari e una serie di servizi sul territorio di primo livello.

Ora però è alla ricerca di una nuova identità ma, mentre prosegue la ricerca del gestore, il sindaco di Brossasco, Paolo Amorisco, contesta alcuni passaggi del bando presentato dall’Unione Montana Valle Varaita, proprietaria dell’immobile.

«Si è molto parlato nei giorni scorsi della Porta di Valle di Brossasco - osserva Amorisco - e del bando per la sua gestione che non ha ricevuto nemmeno un’offerta, e forse il motivo sta proprio nelle innumerevoli condizioni, obblighi, vincoli, divieti, regole, “regolette” e in un paio di articoli che mi lasciano di stucco. La prima è che il canone annuo di 8 mila euro non è da corrispondere all’Unione Montana Valle Varaita, ma al precedente gestore. Il secondo punto critico è che le attività devono essere coordinate con un Tour operator che non è scelto dall’Unione Montana Valle Varaita o dal gestore stesso, ma dal Comune di Saluzzo».

Va detto che, anche se l’Unione Montana è proprietaria dell’immobile, la famiglia Orusa, attraverso “Segnavia”, dal 2006 ha corrisposto all’ente concessioni per 200 mila euro e provveduto all’arredamento dei locali bar, negozio, libreria e della sala convegni.

«Il fatto che Segnavia - spiega Amorisco - abbia abbandonato la Porta di Valle prima della scadenza contrattuale dovrebbe, a rigor di logica, generare, al massimo, una penale a suo carico. In questo caso l’Unione Montana, invece, di tutelare gli interessi dell’ente e dei cittadini, prevede addirittura nel bando di non incassare dal nuovo gestore il futuro canone annuo dell’immobile di sua proprietà disponendo che debba essere percepito dal precedente gestore.  Poco cambia che tale clausola fosse prevista già nel contratto di assegnazione del 2006. Siamo di fronte ad un bene pubblico che non genera nessun beneficio per la collettività, ma va ad arricchire un privato.  Altro punto estremamente controverso è il fatto che il gestore che subentrerà non sarà libero di operare le proprie scelte imprenditoriali, ma dovrà sottostare a quelle del Comune di Saluzzo. Questo passaggio mette ancora più in risalto quanto questo bando fosse sbagliato sin dall’inizio. Forse sarebbe il caso di ripensare completamente l’utilizzo di queste strutture, rendendole più appetibili agli imprenditori».

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