La patria della ristorazione soffre

La patria della ristorazione soffre
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Cavour ha sempre fatto della gastronomia una delle proprie peculiarità. Ristoranti e agriturismo, fin dai tempi della famosa locanda La Posta dei Grassoni, sono uno dei motori del paese. Il blocco delle attività di ristorazione, abbinato all’annullamento di tutti gli eventi primaverili di Cavour - importante vetrina del settore - è stata come una scure calata all’improvviso. La parziale retromarcia della Regione sul take away non è che un piccolo spiraglio per i ristoratori.

Giovanni Genovesio, titolare della Locanda La Posta, e presidente regionale di Cna Agroalimentare, fotografa l’amara situazione: «Governo e Regione devono spiegare che differenza c'è tra fare la fila per comprare le sigarette dal tabaccaio e fare la fila per comprare una torta, un piatto di gastronomia o un gelato da un artigiano? In questi mesi le imprese agroalimentari hanno accettato tutti i provvedimenti di limitazione, ma adesso la misura è colma. Come mai vanno benissimo le code chilometriche davanti ai supermercati, nei quali si è continuato a vendere pasticceria e gastronomia fresca liberamente, mentre tre persone non possono stare davanti a un ristorante per prendersi il pranzo da portare in ufficio o la cena da portare a casa?».

Il nuovo decreto regionale permetterà perlomeno di preparare piatti da asporto.

«Alla Posta abbiamo riaperto martedì, proponendo appunto l’asporto. In questi giorni abbiamo curato molto la riorganizzazione dei servizi, perché c’è stato un cambiamento radicale nel lavoro. È chiaro che, per una realtà come la nostra, che opera soprattutto sui grandi banchetti, matrimoni e cerimonie, le attività di asporto e domicilio sono marginali. Ma da qualche parte occorre ripartire».

Chi invece non si è praticamente mai fermato è il ristorante La Nicchia.

«Questa pandemia è stata come una mannaia per noi ristoratori - dice Franco Turaglio, della Nicchia -. In ogni caso buttarsi giù non serve, meglio cercare sempre la luce in fondo al tunnel. Appena siamo riusciti a riorganizzarci abbiamo iniziato a fare le consegne a domicilio. Nei primi giorni di chiusura eravamo come paralizzati, sembrava la fine di tutto. Poi ci siamo scossi e abbiamo cercato di ripartire. Proponendo i nostri menù tradizionali, uno di terra e uno di mare, abbiamo scoperto di avere una clientela ben fidelizzata. Non solo, con il passaparola sono arrivati anche nuovi clienti. Consegniamo i nostri piatti nel Pinerolese ma pure su Torino».

Anche La Nicchia, da martedì, ha aperto al take away su prenotazione, proponendo semplici piatti da asporto, o menù completi di antipasto, primo, secondo e dolce. Una nuova proposta di menù è stata preparata per le attività che sono ripartite lunedì, come studi, uffici o piccole imprese.

«I conti si faranno a fine anno - osserva Turaglio - ma è chiaro che la perdita economica è rilevante. Il nostro locale, per le sue caratteristiche, lavora soprattutto in primavera e in autunno. La cancellazione degli eventi di Cavour, l’annullamento di pranzi e banchetti legati alle ricorrenze come prima comunione, cresima o matrimonio comporterà una perdita secca con introiti men che dimezzati. Nutro speranza che lo sforzo di queste settimane verso i clienti porti frutti».

Dal weekend di Pasqua ha ripreso l’attività anche la trattoria Al 47, in via Giolitti.

«Che fatica il fine settimana di Pasqua - racconta il titolare Ricky Dalmoro -. Non credevo di avere tante richieste e ho scoperto che andava migliorata l’organizzazione. Si trattava di un servizio che prima non avevo mai fatto, e ho dovuto rivedere diversi aspetti del lavoro. Dalle cose più banali, come lavorare con le mascherine, a quelle più complicate come la logistica delle consegne, è stata una scoperta continua di nuovi metodi organizzativi. Ma una volta avviato ho capito che la mia clientela teneva molto al servizio».

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