Un viaggio a Banon in Provenza, culla del miglior formaggio caprino
Il buon formaggio

Era di maggio. Carovane coloratissime solcavano le “routes” dirette alle Saintes Maries de la Mer. Qui, secondo la leggenda - all'alba della nostra era, 44-45 dopo Cristo -, Maria Salomè e Maria Jacoba giunsero migranti su un barcone assieme alla serva egizia Sara. Furono giorni di un'infinita sarabanda nell'incessante musica manouche e gipsy che ebbe il suo culmine nella processione dalla chiesa al mare. Preghiere urlate al cielo blu cobalto accompagnavano le statue delle vergini: “Viva le Saintes Maries, viva Santa Sara”.
Sfibrati dalla taranta camarguaise, ripiegammo verso l'interno provenzale. Dopo un viaggio lasciato al destino, fra sterminati campi di lavanda e borghi di pietra bianca, finimmo in un paese che dal nome prometteva bene: Banon. Fatta visita alla più straordinaria libreria di Francia, Le Bleuet, un roccolo azzurro su tre piani strapieno di ogni sorta di pubblicazioni edite in lingua francese, scoprimmo che l’indomani sarebbe andata in scena la “Fete du fromage”. Una festa speciale. Il formaggio di casa, il Banon per l'appunto, aveva appena ottenuto la prestigiosa Appélation d'Origine Controlée. Prima Aoc di Provenza: un giubileo da celebrare comme-il-faut.
E infatti celebrammo. Un assaggio via l'altro, sedotti dalla teoria di bancarelle tutte esclusivamente dedicate al Banon e lì esibite con fierezza dai produttori paysan. Una folgorazione. Avevamo familiarità con caprini francesi di varia geografia, ma da quel momento per la nostra cricca il Banon, per i suoi sentori di acquavite e il rustico vestito di foglie di castagno, è diventato il caprino mitologico dell'estate.
Banon è facilmente raggiungibile - scendendo da Barcelonnette via Colle della Maddalena - dall'autostrada Sisteron-Aix-Marsiglia. Uscita di Forcalquier: 25 chilometri e si arriva ai 760 metri del bricco su cui è aggrappato il borgo, popolato da 1100 abitanti, di cui un buon numero dediti, ça va sans dire, all'allevamento e all'arte casearia. Il Banon viene prodotto con esclusivo latte crudo di capra proveniente dalle razze autoctone Provenzale, Rove e Alpine, messe a pascolo per un periodo minimo di 4 mesi l'anno. Si tratta di un formaggio lavorato con la delicata tecnica della cagliata o caglio dolce, senza che il latte venga riportato o bollito. Una decina di giorni di maturazione, ed ecco il momento rituale: l'immersione in acquavite di vinaccia e il successivo avvolgimento nelle foglie di castagno. Poi si passa a una seconda affinatura di circa 10 giorni.
E' questa duplice affinatura che regala al Banon tutte le caratteristiche organolettiche che lo rendono tipico. Da giovane ha un aroma delicato e latteo, man mano che le foglie essiccano e aumenta la stagionatura, il suo sapore si fa più intenso e vira verso il nocciolato.
Si abbina in modo commovente ai vini del terroir, quali gli straordinari rosè del Luberon, immortalati nel film “Un'ottima annata” di Ridley Scott con protagonista Russel Crowe, tratto dal libro omonimo del compianto Peter Mayle, inglese trapiantato in Provenza (mica fesso, il nostro scrittore).