«La situazione resta seria»
Strade e piazze di Barge e Bagnolo si sono spopolate. Il clima di emergenza è palese. Tutti parlano solo di coronavirus e continuamente arrivano richieste di aggiornamento. Abbiamo chiesto informazioni più dettagliate alla dottoressa Maria Devalis, medico chirurgo di Bagnolo.
Qual è la situazione dell’emergenza Covid -19?
«E’ molto seria. Ho controllato i dati della Protezione civile, che confermano la fase di forte diffusione del virus. È un momento difficile per tutti. In particolare è difficoltosa l'assistenza medica e infermieristica nei confronti di anziani, disabili, pazienti cronici, cioè tutti coloro che hanno maggiormente necessità di essere visitati di persona, anche a domicilio, per le loro consuete patologie. Questi sono i soggetti più propensi a essere affetti in forma grave dal Coronavirus. Le attenzioni nei confronti di queste persone, pertanto, devono essere massime e questo è ciò che stressa di più gli operatori sanitari».
I giovani e i soggetti di media età sono meno propensi al contagio?
«Il resto della popolazione di età media e giovane, non desta particolare preoccupazione. Si stanno adeguando un po' tutti alle nuove norme introdotte dal decreto, senza grosse proteste».
Avete disposizioni specifiche per le visite in ambulatorio?
«Nella gestione pratica degli ambulatori di medicina generale presenti sul territorio è cambiato molto: è stato sospeso l'accesso diretto dei pazienti e ogni prestazione viene erogata su prenotazione, per non avere utenti che affollano la sala di attesa. Per telefono si selezionano accuratamente le visite da attuare di persona in studio o a domicilio, in modo da adempiere, a pazienti non sintomatici per sospetto contagio, solamente quelle davvero indispensabili».
Le nuove tecnologie aiutano?
«Sono utilissime e attenuano di molto i disagi. I pazienti ci mandano, attraverso sms, whatsapp e mail, i referti di analisi, visite, richiedendoci la prescrizione delle terapie ripetitive. Riceviamo anche foto o video delle parti doloranti o comunque malate».
C’è il rischio di una psicosi collettiva?
«Non vedo fenomeni di psicosi. La mia percezione è che il momento sia così grave, con rischio reale di morire, che le paure infondate spariscono o comunque si riducono molto. Il nostro lavoro, proprio come quantità di ore svolte nella giornata, è aumentato molto: meno ore di lavoro ora a contatto fisico, ma più telematico e telefonico. Monitoriamo, telefonicamente, a domicilio coloro che presentano sintomi simil influenzali quali febbre, tosse, mal di gola, raffreddore, malessere generale, disturbi respiratori, più o meno gravi, ma non tali da richiedere ricovero ospedaliero. Le persone ci chiamano molto anche per sapere come comportarsi, cosa fare o non fare; le domande sono tutte molto pratiche e pertinenti e, stranamente, con un basso livello di ansia. Mi dà l'impressione che le persone più che preoccuparsi, si stiano impegnando a sopravvivere alla pandemia».