La battaglia di Raffaele per il diritto al lavoro
In occasione della “Giornata internazionale delle persone con disabilità”, che si è tenuta giovedì 3 dicembre, il morettese Raffaele de Santis torna a parlare di un tema a lui particolarmente caro. Fondatore dell’associazione Santa Monica Onlus, De Santis ha affrontato nel corso della sua vita numerose battaglie in difesa dei diritti dei più deboli, organizzando raccolte fondi, banchetti benefici e accendendo a più riprese i riflettori sul tema della disabilità in tutte le sedi possibili.
Le persone con disabilità, sulla carta, avrebbero dalla loro parte alcune tutele che però, spesso, vengono disilluse.
«Le aziende, ad esempio, sarebbero obbligate per legge ad assumere una quota di dipendenti con invalidità e hanno degli sgravi per questo – spiega De Santis -. Tuttavia alcune preferiscono pagare le penali ed essere inadempienti piuttosto che assumere persone malate o con disabilità, che pure in molti casi possono svolgere perfettamente le mansioni per cui sono stati presi, al pari degli altri».
«Anche io appartengo a una categoria protetta e per lunghi periodi nella mia vita sono stato senza lavoro - racconta -: questa battaglia la porto avanti non solo per me, ma per restituire dignità a tutti coloro che si trovano nella mia situazione».
Sono state tante le porte che gli sono state sbattute in faccia: «Mandavo curricula come montatore meccanico e chiedevo colloqui spiegando di avere un’invalidità che a loro permetteva dei vantaggi fiscali, ma che non interferiva nel lavoro. L’unica cosa che non posso fare è sollevare pesi, per il resto non ho problemi di sorta. Ma nessuno mi assumeva. Il paradosso – continua – è che si hanno più chance di trovare un posto se si omette di dire che si è una categoria protetta. Ma stiamo parlando di diritti, non di privilegi».
Due circostanze hanno segnato la vita di Raffaele De Santis. Prima ha dovuto fare i conti con la morte a 27 anni della sorella affetta da una patologia genetica, che lo ha portato a smuovere mari e monti per vedere riconosciuti i diritti dei disabili o per esaudire i loro desideri.
Poi nel 2006 è stato lui ad affrontare la malattia. Un tumore alla colonna vertebrale lo ha costretto a interventi e lunghe cure che gli hanno fatto superare il periodo massimo consentito per la mutua, portandolo al licenziamento. Quella malattia gli ha lasciato un’invalidità al 67%. «Spesso i datori di lavoro temono che un addetto malato o disabile non possa fare certe cose, che resti spesso a casa in mutua. Ma non è così».
Eppure da quando nel 2009 ha perso il lavoro, De Santis non ne ha trovato neanche uno come categoria protetta: «Le aziende con me potrebbero risparmiare, ma preferiscono non farlo».
E così, dopo aver svolto diversi lavori e portato avanti un negozio nel centro di Moretta per diverso tempo, ora è stato assunto come operatore ecologico. Ma la sua lotta non si ferma: «C’è ancora troppa ignoranza sull’argomento. Una volta sono stato invitato da un’agenzia interinale per un colloquio, proprio come categoria protetta e il datore di lavoro ha detto chiaramente che non avrebbe assunto handicappati. Non si è neanche reso conto di quanto fosse offensiva tale affermazione».