Insegnanti e genitori chiedono un rientro senza tamponi In piazza contro la didattica a distanza Comba: «Avremo danni irrecuperabili»
Venerdì scorso, come in molte città dell’Italia, anche Barge ha partecipato allo sciopero contro la didattica a distanza.
Alle 11, di fronte alle scuole di viale Mazzini, alcuni insegnanti e genitori hanno protestato pacificamente, suonando delle campanelle, per chiedere la riapertura in presenza, in sicurezza (senza tamponi!) e in continuità di tutti gli ordini e gradi della scuola.
Ha partecipato anche Piera Comba, sia in qualità di sindaco che di docente. Spiega: «La finalità di questo sciopero è il rientro a scuola in presenza, posto che le istituzioni scolastiche hanno lavorato tutta la scorsa estate per garantire la sicurezza di alunni e personale. Le indagini recenti dimostrano che non ci sono stati ufficialmente contagi a scuola, mentre le statistiche evidenziano i danni subiti, in campo sociale, dai bambini e dai ragazzi».
«Lavorare in didattica a distanza è faticoso - prosegue Il sindaco -; ho la fortuna di lavorare in un liceo con studenti meravigliosi, quindi è più facile rispetto ad altre realtà. In ogni caso la relazione umana è alla base della didattica a qualunque età. Per i più piccoli la situazione è molto differente: dalle statistiche si evince che circa il 30 per cento di studenti non è raggiunto dalla Dad per problemi tecnologici o familiari. Bisogna tornare a scuola seguendo le modalità del ministro Azzolina e senza procedere con i tamponi settimanali».
Osserva Michela Maurino, genitore ed educatrice: «La poca partecipazione non è dovuta al fatto che la gente non sia motivata o non voglia la riapertura delle scuole, ma è perché da un anno le famiglie cercano di combattere e di trovare delle soluzioni senza, per altro, ottenere un riscontro da parte delle istituzioni o da chi di dovere».
«Ora - prosegue Maurino - la clausola per il rientro a scuola è che vengano svolti settimanalmente dei tamponi e nel caso di un allievo positivo tutta la classe dovrebbe effettuare il molecolare. Tutto questo si poteva evitare potenziando i trasporti e le strutture ospedaliere o ricorrendo ad alternative, quali svolgere lezione nei prati o in locali all’esterno sfruttando i posti liberi sul proprio territorio. Ciò non avrebbe come promesso la salute psicologica dei ragazzi e dei genitori».
«Come mamma - aggiunge - non sono d’accordo che i bambini e ragazzi debbano utilizzare per ore e ore la mascherina quando, seduti al banco, vi è il distanziamento sociale. Comunque, sarei disposta ad accettare questa condizione qualora fosse un requisito per poter tornare in presenza».