Giovedì 25 settembre prende l’avvio la “patronale” di Scarnafigi. Anche quest’anno la Festa dei Corpi Santi, propone concerti, spettacoli e mercati tradizionali offrendo ai visitatori l’opportunità di immergersi nella cultura locale e di assaporare le specialità gastronomiche del territorio.
A Scarnafigi, i Corpi Santi si riferiscono alla festa patronale del paese, che celebra i Santi Martiri Casto, Clara, Onorato e Verecondo. Le reliquie dei patroni del paese sono custodite nella chiesa prepositurale di Santa Maria Assunta.
Il programma, pur mantenendosi nell’ambito della tradizione, introduce elementi di novità, segno del desiderio degli organizzatori di proporre sempre qualcosa di nuovo e di originale per attirare un gran numero di visitatori.
Dal 25 al 29 settembre il paese si veste a festa facendo del palatenda di piazza Don Dao il centro e il cuore della manifestazione.
Casto, Clara, Onorato, Verecondo. Non so quanti scarnafigesi saprebbero rispondere a chi sono riferiti questi nomi, che tranne uno, odorano di trascorsi arcaici, che si perdono in epoche lontane. Eppure a questi nomi è legata una antica tradizione che ogni anno si ripropone puntualmente nell’ultima domenica di settembre.
Si tratta della festa patronale di Scarnafigi, che trae origine proprio da un evento di evidente connotazione religiosa, quale la traslazione delle reliquie dei quattro santi, frutto di una ostinata prassi risalente presumibilmente al Settecento, quasi una gara ad assicurarsi i sacri resti.
Naturalmente in quei tempi la convivenza civile non poteva essere slegata dalla religione, ma pian piano le feste religiose sono diventate sempre più occasioni di sagre e feste popolari.
I Corpi Santi sono stati dichiarati ufficialmente festa patronale, e pur mantenendo la sacralità dell’evento, le iniziative “popolari” hanno preso il sopravvento, dai primi rudimenti di luna park ai famosi balli “a palchetto”, diventando un momento di ribellione a quella sorta di latente proibizionismo bacchettone.
Gli anni ‘50 e ‘60 sono stati sotto molti aspetti dirompenti, anche se oggi, pensando agli ammonimenti del parroco sulla peccaminosità del ballo e della minigonna, ci viene da sorridere. Le feste patronali erano una pausa ad una vita fatta di fatica e duro lavoro, dove i giovani vivevano spazi di libertà e per ognuno tante erano le occasioni di evadere dagli affanni quotidiani.
Le tavolate familiari, le gare a bocce o a carte, i giochi popolari come la rottura delle pignatte o la corsa nei sacchi, erano momenti di felicità autentica, di aggregazione, di poesia.
Oggi le sagre hanno perso questa valenza sociale, sono diventate un’altra cosa. Nonostante la bravura di Pro loco piene di giovani con idee innovative, partecipazioni massive agli eventi. Forse andrebbe ricercata una formula che risvegli sentimenti sopiti, una rielaborazione di quell’Amarcord che faccia breccia su un mondo troppo “globale”.
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