Perché i sopravvissuti non ebbero giustizia

Perché i sopravvissuti non ebbero giustizia
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Livio Berardo, quali novità contiene la nuova stesura del libro sull’Eccidio di Ceretto?

«Al centro dell’opera rimangono le testimonianze che raccolsi nell’autunno-inverno del 1973, con l’intermediazione del partigiano Giovanni Sola, nelle case dei parenti, vedove e orfani, delle vittime del rastrellamento del 5 gennaio 1944. Cambia la prima parte, quella che tratta degli antefatti, con nuovi approfondimenti sui risvolti locali. È un volume più consistente, aggiornato non soltanto bibliograficamente, tenendo conto delle ricerche condotte con il progetto italo-germanico dell’Atlante delle stragi nazifasciste in Italia, quanto nella base documentale».

Emerge un profondo senso di ingiustizia...

«Ho aggiunto integralmente una terza parte, che cerca di spiegare perché i sopravvissuti non ebbero giustizia, malgrado il sostegno dei partigiani e l’impegno della magistratura cuneese. Utilizziamo uno stralcio degli Atti del processo svoltosi dall’8 al 10 ottobre 1946 contro Corrado Falletti di Villafalletto e quattro componenti della squadra “E. Muti” davanti alla II sezione della Corte d’assise straordinaria di Genova. Attingiamo inoltre ai documenti tedeschi, a cui oggi è finalmente possibile ricorrere per ricostruire i movimenti delle unità impegnate nei presidi territoriali o nelle operazioni di rastrellamento».

Sappiamo quindi chi furono gli autori di quel tragico rastrellamento?

«Sì. Dall’incrocio tra passi di delibere e di lettere presenti negli archivi comunali con le carte del Bundesarchiv e le dichiarazioni dei testimoni, emerge oggi l’identità degli autori dell’eccidio, fascisti e tedeschi, impuniti, se non addirittura premiati nella carriera militare del dopoguerra».

Si tratta della quarta ristesura, vero?

«In realtà il lavoro originale è rimasto immodificato, tranne che per aspetti marginali, con la riedizione per il quarantennale (1994) e quella del 2006, anno del conferimento ai due Comuni della Medaglia d’argento a Valor civile per quei fatti. Era essenzialmente un esempio di storia orale. Questa ultima versione riporta e approfondisce diversi documenti inediti».

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