Ricordi e riflessioni di un ex maestro: perché non si fermano gli attacchi dei predatori? Bellino, storia di pastori, pecore e lupi quando in montagna non c’era paura

Ricordi e riflessioni di un ex maestro: perché non si fermano gli attacchi dei predatori? Bellino, storia di pastori, pecore e lupi quando in montagna non c’era paura
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Ricordo quando fui presente a un incontro amichevole fra due pastori del luogo, a Sant’Anna di Bellino, diretti con i rispettivi greggi ai pascoli estivi. All’epoca ero insegnante nella scuola elementare di Celle, e avevo famigliarità con la gente del posto.

Mi era parso allora di rivedere nei due pastori le bibliche figure di Abramo e Lot in terra di Palestina... Poche parole e l’accordo era fatto: «Se tu vai su al vallone di Rui, io salgo al Traversagn... o viceversa». E si separarono concordi salendo ognuno verso l’alpeggio prescelto.

Nei giorni successivi, vidi uno dei due pastori con il binocolo puntato sulle sue pecore, che stavano pascolando tranquille quasi in cima alla montagna, sotto la custodia dei pelosi cani nostrani, buoni come il pane.

QUELLA SCENA E’ CAMBIATAAlla pace idilliaca di qualche decennio fa è seguito l’attuale dramma, causato dalla stolta presenza del lupo.

Nei mesi scorsi mi ha colpito la foto di un giornale, una scena raccapricciante: un bel gruppo di pecore finite in un burrone, orribilmente dilaniate. Forse appartenenti a un mio ex alunno, che me le indicava poi piangente. Erano precipitate per sfuggire ai lupi che le avevano aggredite poco sopra, sorprese nel fitto della nebbia.

Dunque le parti si sono invertite: le nostre belle montagne sono libere solo per lui, per sua maestà il lupo. Le innocenti pecorelle e le preziose mandrie, che ne hanno acquisito tutti i diritti, devono pazientare, rinchiuse in ristretti recinti, sotto la custodia di cani forestieri, i maremmani, più temuti dai turisti che dagli stessi lupi.

CHE FANNO LE AUTORITA’

Sappiamo che i francesi della pastorizia si son fatti sentire in alto loco, a Barcelonnette come a Nizza, al grido «O lui... o nous» (o lui o noi sulla montagna), ottenendo tra l’altro un piano di abbattimento che ogni anno limita il numero dei predatori, tenuti sotto stretto controllo.

Qui da noi si mugugna, si impreca, si attendono sempre rimborsi maggiori per i danni ingenti causati dal “re” della montagna, che intanto scende sempre più in basso, raggiungendo le borgate e percorrendo le strade valligiane, dove è anche successo che alcuni esemplari siano finiti sotto le ruote di un’auto, con gravi pericoli per i guidatori.

E le nostre autorità che fanno? Appellandosi alle leggi europee, che al riguardo sono più favorevoli al lupo che ai pastori, per tacitare il crescente malcontento hanno stanziato 300 mila euro, che non si sa bene dove finiranno.

Penso che chi ci governa dovrebbe capire che i pastori non vogliono soldi pubblici, ma sicurezza sul loro posto di lavoro, che è la montagna. Il lupo - come in Francia - sia tenuto rinchiuso in apposite riserve. E se i nostri sensibili animalisti non sono d’accordo, si prendano un lupo a casa loro.

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