Case di riposo, il rischio resta altissimo

Case di riposo, il rischio resta altissimo
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Resta altissimo il livello di guardia nelle case di riposo e in particolare nelle Rsa, i reparti dove sono ospitati gli anziani non autosufficienti.

Le situazione più gravi in provincia si stanno registrando a Cavallermaggiore, Sanfront, Villanova Mondovì, Garessio, Roccavione, Govone, solo per citare i casi più emblematici. È qui che ci sono stati i numeri più elevati di contagi sia tra gli ospiti che tra gli operatori.

Le strutture assistenziali lamentano in taluni casi l’esiguità di misure di protezione, in tal altri la carenza di dispositivi di sicurezza (mascherine, tute e guanti), ma soprattutto i ritardi nei ricorsi ai tamponi laringo-faringei.

Il tema della sicurezza nelle case di riposo resta in cima all’agenda emergenza, anche perché nel frattempo, nel Torinese (ma non solo) la magistratura ha già avviato inchieste per accertare ritardi o eventuali inadempienze.

Una ben magra consolazione che non servirà certo a migliorare nel breve/medio termine uno stato di cose che necessita di interventi di altra natura.

Mentre i sindaci medici Anaao e Cimo e quello degli infermieri Nursind chiedono maggiore attenzione all’unità di crisi regionale, i sindacati hanno comunicato che nelle Rsa piemontesi sono già morti 450 anziani di Covid 19 dall’inizio dell’emergenza e almeno altre 200 sarebbero le morti sospette.

La situazione più preoccupante - a quanto ci riferiscono responsabili e operatori - riguarderebbe in particolare le strutture minori.

In alcuni casi le infermiere che vi lavoravano sono state chiamate in servizio dall'Aso Santa Croce e dalle Asl o perché erano in graduatoria o perché hanno aderito ai bandi della Regione.

Così alcune case di riposo e Rsa si sono ritrovate, dall’oggi al domani, senza personale specializzato.

In altre invece la situazione è critica perché i dispositivi sanitari scarseggiano e senza infermieri non esiste personale informato sull’uso di determinati presidi.

«Ci chiamano eroi o angeli, ma noi in questo momento più che angeli – ci confida un operatore - ci sentiamo talvolta come i soldati della guerra ‘15-‘18 che uscivano dalle trincee con la sola baionetta o come gli alpini della campagna di Russia, mandati nella neve con scarponi di cartone. Noi ce la mettiamo tutta perché siamo responsabili, vogliamo bene ai nostri anziani e amiamo il nostro lavoro. Non ci sfiora nemmeno l’idea di voler far polemica con chicchesia, soltanto - così conclude lo sfogo - vorremmo che ci si rendesse conto della situazione davvero al limite in cui ci viene chiesto di operare».  

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