MARCO GABUSI: «IL MONDO NON SARA’ PIU’ LO STESSO» INTERVISTA Assessore, è capo della Protezione Civile nell’Unità di crisi regionale. Coordina un esercito di 15 mila persone

MARCO GABUSI: «IL MONDO NON SARA’ PIU’ LO STESSO» INTERVISTA Assessore, è capo della Protezione Civile nell’Unità di crisi regionale. Coordina un esercito di 15 mila persone
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Marco Gabusi, quarantenne nato a Canelli dove è stato anche sindaco per due mandati fino al 2019, è l’assessore della giunta Cirio in Regione Piemonte ai Trasporti, Infrastrutture, Opere pubbliche, Difesa del suolo, Protezione civile, Personale e organizzazione. Proprio la delega alla Protezione civile lo ha portato ad essere uno dei principali attori del periodo di gestione dell’emergenza sanitaria da Coronavirus nella nostra regione. Insieme all’assessore alla Sanità Luigi Icardi supervisiona l’Unità di crisi, istituita per monitorare i dati, coordinare quotidianamente gli interventi da intraprendere e sviluppare le strategie di azione. Lo abbiamo intervistato per capire meglio il meccanismo di questo complesso lavoro.

Assessore, qual è stato il momento in cui ha capito che la situazione si stava facendo davvero grave?

«Abbiamo istituito l'Unità di crisi abbastanza presto, prima delle altre regioni. La sensazione di una situazione difficile si percepiva sin dall’inizio, ma una decina di giorni dopo, nei primi di marzo, abbiamo compreso la portata decisamente superiore del problema. La nostra consapevolezza si è realizzata un po’ prima di quella nazionale, direi. Infatti abbiamo chiuso tutte le scuole prima dell’indicazione nazionale».

Tenendo conto che è una situazione che non ha precedenti storici, che percorso avete seguito per affrontare l’emergenza?

«L’Unità di crisi ha già una sua conformazione definita, ma adesso è caratterizzata da componenti nuove, come le strutture extraospedaliere da organizzare. Il funzionamento dell’Unità è redatto nei piani di Protezione civile, ma la difficoltà sta nell’affrontare di volta in volta le caratteristiche che si pongono nella crisi. Questa volta nessuno era preparato, perché questo virus è sconosciuto. Con le procedure consolidate abbiamo fatto il nostro meglio, magari con qualche errore, tenendo conto che le circolari dell’Istituto Superiore di Sanità cambiavano di giorno in giorno».

Come avviene l'approvvigionamento e la distribuzione delle mascherine?

«Passata la fase emergenziale, dove ci siamo concentrati sul comparto della Sanità, siamo in grado di avere un minimo di prospettiva. Stiamo distribuendo dispositivi alle strutture extraospedaliere e ai Comuni, stiamo immaginando anche un prossimo piano di distribuzione alla popolazione. Siamo partiti dalle utenze più deboli e a rischio, ora immaginiamo una copertura più ampia».

La «giornata tipo» dell’Unità?

«È convulsa, ma non confusionaria. Ognuno ha i suoi compiti, poi c'è sempre il tema di attualità cui dedicarsi. Ora che i numeri ci danno un po' di tregua, specialmente i dati sulla terapia intensiva, ora che non dobbiamo più creare posti nuovi negli ospedali, c'è il tema delle OGR che porta via tanta energia. Ma fino alla scorsa settimana lavoravamo per creare posti, siamo passati da 287 a 560 in pochi giorni».

Quanto personale è attivo in Piemonte per gestire questa emergenza?

«Contiamo circa 15 mila persone, organizzate in vari comparti. Tra questi: la Protezione civile per la maggior parte, antincendi boschivi, Anac, Croce Rossa, Alpini e altri».

Quando sarà ufficialmente sciolta l’Unità di crisi?

«A fine emergenza, definita - ad oggi - al prossimo 31 luglio».

Assessore, cosa le lascerà tutta questa esperienza?

«La consapevolezza che il mondo non sarà più lo stesso. E che dobbiamo apprezzare maggiormente la nostra quotidianità, anche una semplice pizza tra amici o la possibilità di andare a correre».

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