Quando il nome diventa la carta d’identità che rivela le origini della nostra famiglia ottavo capitolo della ricerca sui cognomi della “gens” saluzzese

Quando il nome diventa la carta d’identità che rivela le origini della nostra famiglia ottavo capitolo della ricerca sui cognomi della “gens” saluzzese
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Con questa puntata inizieremo ad analizzare i cognomi toponimici, ovvero riferiti al luogo di origine o di appartenenza.

Su di essi così si esprime il saggio Sancho Panza, fedele scudiero del ben noto Don Chisciotte della Mancha: «Io ho visto molti prendere il nome e il titolo dal luogo di nascita, chiamandosi Pietro di Alcalà, Giovanni di Ubeda e Diego di Valladolid. E questa stessa usanza ci dev’essere ovunque».

Lo sviluppo dei cognomi toponimici riferiti al possedimento di un territorio è generalmente relazionato con il concetto di lignaggio e legato all’eredità patrimoniale.

Per esempio, William di Warenne, conte di Surrey, che arrivò in Inghilterra dalla Normandia, Francia, nel 1068 con Guglielmo il Conquistatore, aveva un nome toponimico perché la sua famiglia possedeva da secoli la contea di Varenne.

La prova dell’uso del toponimico legato al dominio della terra è documentato molto bene nel Domesday Book, il manoscritto che raccoglie i risultati di un grande censimento completato nel 1086, riguardante la maggior parte dell'Inghilterra e parte del Galles. L'indagine ebbe luogo per ordine di Guglielmo il Conquistatore.

Scopo principale dell'indagine era quantificare i beni di ogni proprietario e le tasse su tali beni riscosse ai tempi di Edoardo il Confessore (1002-1066).

Le valutazioni e le stime dei compilatori del libro erano considerate legge e perciò inoppugnabili. Il libro era noto agli inglesi come "Doomsday", ossia "[libro] del Giorno del Giudizio".

Il Domesday Book è una fonte primaria di enorme importanza per le informazioni che ci trasmette riguardo alla storia politica, economica, ecclesiastica e sociale dell'Inghilterra dell'epoca.

Nella Spagna medioevale i toponimici spesso erano parte di un cognome composto, formato dal nome del padre (patronimico) che non era ereditario e da un toponimico che indicava il lignaggio della famiglia, che invece si ereditava fino a quando veniva conservato il possesso della terra.

Es: Ruy Dìaz de Vivar, detto El Cid ( figlio di Diego Lainez, signore di Vivar).

Tuttavia i cognomi toponimici non sono una prova sicura dell’origine.

Nell’anno 165 d. C. nell’impero romano un editto di Marco Aurelio Antonino e di Lucio Severo decretò che la somiglianza del nome con una località non è prova sufficiente per confermare la propria origine dal luogo stesso. A dimostrazione di ciò si possono riportare i seguenti esempi.

Gli schiavi romani si chiamavano spesso come il luogo al quale erano stati designati anche se non erano nati in quel luogo.

Nel medioevo alcuni mercanti di spezie, tentando di conseguire un vantaggio commerciale, si facevano chiamare “di Tripoli”, anche se Tripoli non era il loro luogo di nascita. Il pittore Pietro Perugino si chiamava in realtà Pietro Vannucci e adottò il cognome Perugino perché ottenne fama a Perugia.

Invece Matheolus Perusinus, filosofo e medico, nacque proprio a Perugia, Leonardo da Pisa o Pisano, noto come Fibonacci, fu un matematico che nacque e morì a Pisa e il famoso genio del Rinascimento Leonardo da Vinci nacque come Leonardo di Ser Piero da Vinci. E’ questo un esempio di cognome composto da patronimico (figlio di messer Piero) e toponimico (della città di Vinci).

I cognomi toponimici hanno una valenza importante, perché molto ci raccontano sull’insediamento e l’emigrazione della popolazione. Di questo, però, disquisiremo un’altra volta, mentre ora ci concentreremo sull’origine dei cognomi cittadini, iniziando da un concittadino che ha dato lustro alla cucina, Nino Bergese , definito “il re dei cuochi, il cuoco dei re”, a cui è dedicata una lapide commemorativa in via San Martino.

BERGESE, come Bergera/o, Bergesio, Bergeretti, Bergia, Berzia si rifà alla figura del pastore che si prende cura del gregge. Deriva dal francese berger e dal latino medioevale bersa per indicare il recinto utilizzato di notte per riparare gli animali, soprattutto pecore e capre.

Il cognome Bergese è presente in 75 comuni piemontesi, ma soprattutto nel cuneese. A Fossano e a Santo Albano di Stura è secondo per frequenza anagrafica.

Da sottolineare per la sua importanza storica è il cognome Bergera, raro e concentrato nel torinese. I Bergera furono conti di Brassicarda e Marene, baroni di Cly, signori di Beinasco e Piobesi, consignori di Cavallerleone e Villarbasse.

Nel censimento del 1848 della Città di Saluzzo non compaiono famiglie Bergese, mentre sono presenti i Bergia, i Bersia e i Bergesio.

Continuiamo ora a sfogliare il censimento del 1848 alla lettera I, dove troviamo presenti in numero rilevante le famiglie Inaudi, Isasca e Isoardi/o.

INAUDI-EINAUDI derivano dai nomi Einaudo o Inaudo che traggono origine dal nome personale germanico Aginwald, che diventa il francese Einaud o Hinaud, con il significato di abile nel maneggiare la spada (agin = lama, spada; wald= maneggiare, brandire).

Einaudi è a bassa diffusione, presente in una trentina di comuni, tipico del Cuneese, in particolare di Dronero, anche se oggi la maggior parte degli Einaudi risiede nel Torinese.

Inaudi, anche questo è a bassa diffusione. Lo si incontra in una trentina di comuni ed è tipico del Cuneese.

Come non ricordare con questo cognome gli illustri Luigi Einaudi (Carrù 1874- Roma 1961), primo presidente della Repubblica, Giulio Einaudi (Dogliani 1912- Roma 1999) editore, e ancora il nostro concittadino Silvio Einaudi (Saluzzo 1898- 1982) poeta in lingua piemontese, commemorato da una targa posta in via Maghelona.

ISASCA si rifà al toponimo del Cuneese, che con la sua terminazione -asca - come altri insediamenti della zona quale Piasco, Venasca, Tarantasca - ne attesta l’origine celto-ligure. E’ a bassissima diffusione, presente in una decina di comuni, ma soprattutto nel Cuneese, dove lo troviamo a Busca e a Saluzzo.

Scorrendo il censimento, alla lettera L, incontriamo il cognome Lovera (5 famiglie), i Lobetti-Bodoni (3 famiglie), i Lombardi (2), i Laugeri/o(2), i Lusso (3).

LOVERA, così come Lovisolo, Lovisone, Lovisato deriverebbe da un vocabolo arcaico legato al lupo e anche al toponimo Lovera di Bonvicino.

Lovera è a medio-bassa diffusione. E’ registrato in una novantina di comuni, ma è soprattutto tipico del Cuneese. Lo si incontra in alta concentrazione a Torino, Cuneo, Borgo San Dalmazzo e a Savigliano. Tracce di questo cognome le troviamo nel secolo XVII con Giampietro Lovera, signore di Castiglione Falletto e Vignolo, ma anche con i Conti di Piatto e Utelle.

Con questo cognome ricordiamo il Generale Federico di Maria Lovera (To 1796-To 1871) comandante generale dell’Arma dei Carabinieri dal 1849 al 1867.

LOBETTI, questo cognome lo troviamo associato nei vari censimenti dell’ottocento di Saluzzo a quello dell’illustre Giambattista Bodoni, semplicemente perché la tipografia Bodoni passò a Francesco Agostino Lobetti, figlio della sorella Benedetta Bodoni.

Non ho trovato l’origine di questo cognome, ma posso pensare che sia simile a quella del cognome Lubatti, presente nei censimenti di quell’epoca, il quale riprende il nome dialettale luvot (lupetto), dato come soprannome a un giovane capostipite che mostrava di possedere qualche caratteristica in comune con questo animale.

Lobetti potrebbe però anche derivare dal dialettale lòbia (ballatoio, loggia). Lubatti è quarto per frequenza anagrafica a Carrù, dove esiste Palazzo Lubatti, uno degli edifici storici della città.

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